Atleti e vita sociale: binomio fondamentale
Lo sport è cosa fondamentale. Ma la vita sociale lo è altrettanto
È ciò che emerge da un nuovo studio che ha valutato la vita e le prestazioni di atleti di altissimo livello neozelandesi, di livello mondiale ed olimpico per intenderci. Lo studio è stato condotto dal gruppo di psicologi sportivi guidati da Christina Ryan dell’università di Waikato e si è strutturato attraverso la raccolta dei dati di 17 atleti olimpici.
Ciò che sembra risultare in maniera importante è che non di solo sport viva l’uomo. Ossia che anche gli atleti di altissimo livello ottengono prestazioni migliori e più alta qualità della vita, se dedicano parte del loro tempo e delle loro energie verso altri interessi, altre passioni ed altre attività. Insomma “per continuare a vincere gli atleti devono avere una vita propria”, come suggerisce lo studio presentato da Gian Mario Migliaccio.
Ciò sembra dare ragione a chi ritiene che l’uomo sia una creatura talmente poliedrica e polivalente che ridurla al monotematismo non permetta il proprio sviluppo armonico e completo. Alcuni di voi potrebbero anche pensare a “Grazia, Graziella e Grazie al…”.
Eppure, vi sono ancora molti ambiti e molti atleti che invece si buttano a capofitto sulla loro attività senza vedere null’altro davanti ai propri occhi per anni. Rischiando, oltre la solitudine sociale, anche il sovrallenamento.
Ed invece, soprattutto con quegli sportivi che portano in alto la bandiera della propria nazione, spetta a tutta la comunità il compito di aiutarli. Atleti e vita sociale non dovressero esseri posti in opposizione. In tal senso lasciamo parlare l’autrice dello studio in questione che ha dichiarato:
Noi, come neozelandesi, celebriamo i loro successi come nostri, ma dobbiamo anche prenderci cura di loro e tenere a mente i sacrifici che hanno fatto e le lotte che affrontano. È responsabilità di tutti
